lunedì, aprile 18, 2005

Opere d'arte arilicensi (seconda parte)


Ecco la seconda immagine dall'esposizione artistica permanente in Lungolago Garibaldi: qui siamo chiaramente nel campo della body art, il movimento che esalta le funzioni escretorie, gli usi e abusi orifizi.
Visto l'uso che i passanti fanno di questo frammento di opera (i ghe pissa e i ghe caga ensima) gli artisti rimangono ancorati ad una forma infantile di escrezioni anali e urologiche, che rimandano ad una forma di cittadinanza sbiadita a mero spettro olfattivo, tanto più forte ora che la bella stagione è arrivata e il freddo non copre più le puzze: metafora mirabile, in uno dei luoghi più belli e suggestivi della nostra Peschiera. Permetteteci di dire che di fronte ad un'opera così bella i grandi della bodyart sfigurano, riducendosi a granelli di sabbia o, concedetecelo, a sonore scorreggie. Il cancello arruginito, la pila di tegole decrepite, i bancali accatastati, la spazzatura, le erbacce, lo stesso nastro che tiene lontani i ladri di tegole decrepite sono tutte chiare strizzatine d'occhio dell'artista verso il passante: suggerendo, con la stessa struttura disastrata dell'opera, tutte le forme mucolitico-cagatorie e di minzione, gli artisti hanno genialmente invitato all'esplorazione titillante dei genitali, esibizioni adamitiche che inserite nel contesto arilicense creano un ulteriore effetto spiazzante, dolente rappresentazione del corpo sullo sfondo della città turistica e d'arte e critica della sessualità maschile moderna, stretta all'angolo e castrata da un'aggressiva vitalità femminile (di quelle che tolgono braghe e anca mudande, per capirci): la mutanda calate, gli attributi a penzoloni, il Mincio, il Benaco e la fortezza che tutto circonda: signori, siamo nel campo della pura performance indotta, signori, siamo di fronte al capolavoro!