mercoledì, aprile 20, 2005

Opere d'arte arilicensi (terza parte)


Siamo arrivati alla terza cartolina dell'opera d'arte sul Lungolago Garibaldi: aguzzate la vista perchè qui l'esposizione si fa sofisticata, arrivando a sovrapporre un tetto distrutto, cadente e imbarcato con i cassonetti (non visibili qui) appena sotto. Entrambi espliciti richiami all'arte repellente di Duchampiana memoria, essi arrivano a saldarsi e intercambiarsi in un'immonda alleanza, tutto secondo il fil rouge che è proprio dell'esposizione arilicense: il luamar. Ma non è finita qui: con la ferraglia rusena e il cerchione di automobile piazzato lassù è chiaro che gli artisti ci comunicano l'implicito l'abbandono del fetido cassonetto da parte del rifiuto: il trash si eleva a principio ascensionale energetico e la conseguente uscita dall'ordine costituito della nettezza urbana non è che la sua logica conseguenza. Immagini che sono proprie di Bari vecchia, Tunisi, Durazzo e fors'anche Castellamare di Stabia e che sono state trasportate paripari ad Arilca per darle un'immagine più naif, più mediterranea, più verace: un distillato di pop art, un capolavoro a confronto del quale il signor Andy Warhol può prendere tutte le sue Marylin e tutte le sue Campbell soup e può ficcarsele dove meglio crede. Mai l'arte concettuale ha raggiunto simili vette ad Arilica: il nostro grazie va agli artisti che hanno concepito tutto ciò e che continuano, nonostante il passare degli anni a proporci loro opera (che,lo ricordiamo,è "vista lago": non come le orride casette spacciate come tali dagli immobiliaristi). Domani, forse con emozione, vi sveleremo il loro nome e il tratto finale della loro opera: sarà l'epilogo di una grande cavalcata nella città turistica e d'arte.