A spasso con Ataru (fotoromanzo in più puntate)
Ataru Moruboschi, inscindibile amico nostro e di Arilica tutta, giunge nel basso lago quando il sole meridiano di questo giovedi agostano comincia a non dare tregua.
Il motivo della sua venuta è presto detto: il satiro castellano è fermamente intenzionato a prender casa a Peschiera, promesso sposo della città turistica e d’arte. Detto di questa sua travolgente voglia di mattone arilicense, meniamo l’amico nippo-villafranchese (che qui
vedete al suo arrivo a Porta Brescia, ritratto in una postura che a qualcuno potrebbe ricordare i tempi bui dell’asse Tokio-Berlino-Villafranca) in un giro turistico per la nostra amata e natìa Arilica, così, tanto per fargli assaporare le gioie del quotidiano vivere all’ombra della fortezza. Ma purtroppo l'impatto di Ataru con il Benaco non è ahimè dei migliori: notasi il suo smarrimento nell’osservare l’idrometro
,che gli porta bruscamente agli occhi la drammatica secca benacense. Ahiahiahi signora Longari, e se Ataru si dovesse ricredere?
Ci accorgiamo con malcelato disgusto che in lui lo sgomento cresce alla vista di queste macerie postbelliche
, che fanno cattiva mostra di sè a pochi passi dal centro cittadino, ma noi cerchiamo comunque di confortarlo: non ti preoccupare caro amico, Arilica è ben altra cosa, nulla a che vedere con questa mestizia Beirut-style. Ma purtroppo le nostre bugie hanno le gambe corte, l’impatto con il centro storico è una ferita mortale per il suo già fiaccato morale: ecco il reuccio di Villafranchetta plasticamente
appoggiato alla fu salagiochi, mentre osserva basito il crocchio di truci immigrati nullafacenti davanti al Palazzo, simbolo di un lassismo nei costumi che Ataru credeva erroneamente non avere cittadinanza nella nostra Arilica. "Ma come", mormora, "ma non s'era detto questo il regno dello scudiscio padano e di messer Bossifini"? L’amico villanipponico è scosso, ferite sono le sue illusioni di gaio cittadino turisticoed’arte: quest’istantanea
ce lo mostra disperato per il destino delle scuole elementari di Piazza d’Armi, un Ataru martire, accasciato sul cancello arruginito dell’edificio scolastico che fu più amato dai peschierotti. Capirete come di fronte a queste scene anche il cuore più duro faccia quattro salti in padella e si sciolga d'incanto. Mentre lo confortiamo, riempiendogli il tascapane con bottiglie di “baffo d’oro Moretti” ghiacciata e di vettovagliamenti vari, Ataru incappa nel piazzale del Porto, in balia di macchine puzza e caos: “e questo sarebbe un porto?”, ripete incredulo il nostro fido scudiero villafranchese davanti al deposito di lamiere infuocate...
Ma è una volta giunto in via Dante che il sistema nervoso di Ataru crolla, e il paladino della sfogliatina si lascia andare alla disperazione alla vista delle mostruose gru e delle ancor più mostruose impalcature che oscurano il cielo dello nostra bella Peschiera.
Sono calde lacrime le sue, figlie del disincanto e della delusione.
Noi abbiamo un ultimo sussulto di umanità, e ci permettiamo sommessamente di sussurrargli “no Ataru, non fare così”, ma ci rendiamo conto che è tutto inutile, che un Ataru che prende casa ad Arilica è ormai solo un’utopica chimera: il nippo-villafranchese si era innamorato di un’Arilica diversa da questa, un’Arilica da cartolina che non c'è. Non ci resta che rincasare, stretti nelle spalle per il dolore.
Addio Ataru, torna a trovarci un giorno, se ti va.
To be continued...